Solbiati - Francesco Leprino

Francesco Leprino
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Francesco Leprino
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Trittico per Alessandro Solbiati
Leggenda
Opera in un atto

Musica di Alessandro Solbiati – libretto di Alessandro Solbiati artista principale: Alessandro Solbiati
Direttore Giannandrea Noseda
Regia dell’Opera Stefano Poda

Personaggi e interpreti:
Tenore Mark Milhofer (Ivan), Soprano Alda Caiello (Alëša), Baritono Urban Malmberg (Il Grande Inquisitore),
Soprano Laura Catrani (La Madre) Basso Gianluca Buratto (Spirito del Non Essere).
Due attori impersoneranno il silenzioso Cristo, nel carcere e nel deserto
Organico Orchestra – Ensemble vocale e Coro del Teatro Regio di Torino

Regia video Francesco Leprino

«Un’opera di densa spiritualità per riflettere sull’umanità e la società di oggi a partire da un romanzo del secondo Ottocento che si rivela, come spesso accade, molto attuale. Tre livelli si susseguono ed intrecciano nell’opera, tre livelli temporali (incarnati in tre successive coppie di personaggi) che divengono anche spaziali, disegnando via via la profondità di campo della scena: il tempo presente di Ivan e Alëša sul proscenio, la Siviglia cinquecentesca, piazza e carcere, dell’Inquisitore e del “presunto Cristo” al centro del palco, il deserto delle tentazioni evangeliche dello Spirito del Non Essere e di Cristo sul fondo. Il simbolico e misterioso ritorno di Gesù sulla terra evidenzia troppo la differenza stridente tra il suo modello spirituale e quello cinicamente assunto, nel Suo nome, dal potere, per non renderlo corpo estraneo da eliminare nuovamente. L’Inquisitore è l’incarnazione esatta del potere nella sua forma più inquietante e purtroppo più contemporanea. (Alessandro Solbiati)»

Produzione  Prima rappresentazione assoluta dell’opera “Leggenda” di Alessandro Solbiati tratta da La leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij in scena il 20, 24, 27 settembre 2011 al Teatro Carignano di Torino nell’ambito della stagione lirica del Teatro Regio e in collaborazione con il Festival MITO Settembre Musica.

Il suono giallo
Opera in un atto, dalla composizione scenica Der gelbe Klang di Vasilij Kandinskij
libero adattamento e libretto dell’autore
Opera commissionata dal Teatro Comunale di Bologna per la Stagione lirica 2014-2015
 
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
 
Direttore Marco Angius
Regia Franco Ripa di Meana
Maestro del Coro Andrea Faidutti
Scene e costumi Gianni Dessì
Luci Daniele Naldi

Personaggi ed interpreti:
Soprano Alda Caiello
Mezzosoprano Laura Catrani
Tenore Paolo Antognetti
Baritono Maurizio Leoni
Basso Nicholas Isherwood
 
Regia ed elaborazione video Francesco Leprino
 
VISIONE SCENICA
Due considerazioni mi sono sembrate inevitabili, all’inizio del lavoro su Der gelbe Klang:
1) il lavoro di Kandinskij non è certo soltanto un testo, anzi non è quasi per nulla un testo, bensì un coacervo di indicazioni di scena, movimento, presenze, luci, colori, musica. Quindi metterlo in scena obbliga a partire dal dettato dell’Autore da tutti i punti di vista, sia pur facendo molte scelte, data la pletoricità e talvolta la contraddittorietà di molte delle indicazioni stesse.
Non potevo dunque “limitarmi” a comporre musica e libretto, ma dovevo partire da una visione scenica, rafforzando l’intenzione sia pur astrattamente narrativa.
2) d’altro canto, però, il testo in senso stretto di Kandinskij, le “parole da far cantare”, era così scarno e ridotto da costringere alla sovrapposizione di un secondo testo, se si voleva poter parlare di “opera”.
Il ritrovamento di un appunto a margine del saggio Über die Mauer mi è apparso provvidenziale, per la sua sovrapponibilità al percorso dei Quadri del Suono giallo e al tempo stesso per le possibilità di intenzione narrativa e di interpretazione semantica che mi apriva.
Tale testo descrive in modo affascinante e visionario la curva psichico-emotiva dell’artista (o di chiunque progetti qualcosa) durante il percorso creativo.
La mia opera, il  mio Suono giallo, è quindi divenuto la visualizzazione di tale percorso, la sua trasformazione in  gesto scenico, anche mediante l’intreccio dei due testi.
Innanzitutto ne è derivata una visione del palcoscenico, una strategia delle disposizioni:
a) “attorno” alla scena, fuori di essa eppur sottilmente visibile, a circondarla ed abbracciarla, il coro grande (fuori scena per richiesta di Kandinskij), che, dopo aver cantato l’ampio testo affidato dall’Autore stesso, nel Prologo, al coro, una sorta di “programma generale”, si occuperà solo del testo aggiuntivo, divenendo così vero e proprio “coro greco”.
b) in scena, nei due momenti più complessi e movimentati, il II e V Quadro, un coro piccolo, sorta di intermediario tra coro grande e i cinque “giganti”, incarnazione collettiva delle mille, piccole figure e presenze previste da Kandinskij e veicolo delle tensioni e delle inquietudini del percorso testuale
c) proseguendo in questo percorso “dal grande al piccolo”, dall’universale al particolare,
vi sono i cinque giganti. Innanzitutto, perché “giganti”? Non certo perché debbano essere grandi, ma in quanto non devono essere presenze specificamente umane, bensì simbolo stesso di ciò che è “vivente”, o meglio “sempre più vivente”, dallo stato quasi vegetale del Quadro I, dove appaiono uniti in una sorta di blob, fino ad una più netta identificazione individuale, e fino ancora alla finale sublimazione dello stato individuale in una superiore unità ideale (il fondersi in un unico gigante che copre l’intera scena di cui parla Kandinskij nel Quadro VI)
d) proprio per rafforzare l’accentuazione progressiva delle peculiarità individuali dell’essere vivente che avviene tra il III e il V Quadro, ho deciso di amplificare i momenti di presenza “solistica” suggeriti da Kandinskij ma da lui riservati a “presenze altre”, affidandoli invece uno dopo l’altro, ai cinque cantanti che interpretano i giganti: il Tenore che irrompe alla fine del Quadro III, il Soprano che interpreta il bambino protagonista dell’anomalo Quadro IV e il Baritono che lo zittisce al termine dello stesso Quadro, il Mezzosoprano interfaccia vocale della “figura bianca” che danza al centro del Quadro V, massima espressione del momento “individuale”, il Basso che dà il via al percorso di “uscita dalla crisalide” verso una superiore e luminosa unità dei cinque giganti nel Quadro VI.
e) fin qui ogni scelta resta all’interno e semmai amplifica e rafforza la proposta kandinskijana.
Ma vi è un’aggiunta, inevitabile, nel momento in cui ho sovrapposto un secondo testo con una vicenda psicologica analoga ma parallela: sul proscenio deve avvenire un evento altro, esterno al palcoscenico visionario del Suono giallo, un evento che scandisca le fasi del percorso verso l’atto creativo di cui parla il secondo testo.
Ho per questo introdotto musicalmente qualcosa che Kandinskij non prevedeva: nell’intercapedine tra le varie zone del Suono giallo (Prologo, sei Quadri ed Epilogo) vi sono sette Intermezzi orchestrali della durata media di due minuti ciascuno.
Durante ciascuno di essi, la “vera scena” deve rimanere aperta ma “congelata”, mentre sul proscenio, un mimo, un attore visibile solo in questi momenti, e molto più “reale”, deve di volta in volta, in modi e tempi differenti, coerenti con le fasi dell’evento scenico alle sue spalle, svelare via via un oggetto indecifrabile posto da qualche parte del proscenio stesso. Va da sé che l’oggetto dovrà rimanere misterioso (l’opera, l’esito dell’atto creativo rimane sempre, in fondo, misteriosa) e che proprio nell’attimo dell’estremo svelamento, alla fine dell’Intermezzo VII, prima dell’Epilogo, mimo e oggetto si oscureranno, svaniranno.
Il clima musicale degli Intermezzi orchestrali talvolta eredita quello del Quadro precedente, talvolta invece introduce quello successivo e  tali “temperature orchestrali” suggeriranno le modalità del mimo.

Il n’Est pas comme nous!
(une fable de tous les temps)

 
Musica di ALESSANDRO SOLBIATI

 
Azione scenica per voce femminile cantante e recitante ed ensemble da “El retablo de las maravillas” di Miguel de Cervantes Saavedra; riduzione di Alessandro Solbiati dalla traduzione francese.
 
Camminare sul filo sottile che passa tra musica vocale e teatro da camera, tra musica “pura” e azione scenica almeno suggerita, tra voce come strumento che dà forma e suono a un testo e voce come vero e proprio personaggio, questo è stato il punto di partenza di Il n’est pas comme nous! Une fable de tous les temps. Alla base dell’avventura compositiva vi è stato l’incontro con la voce cantante e recitante e con la personalità scenica di Mathilde Barthélemy, in grado di non separare recitazione da canto e di mescolare le due attitudini vocali in una relazione di reciproco nutrimento. Era però prima di tutto necessario trovare un testo “forte” ma al tempo stesso divertente e leggero. Cervantes e il suo Retablo de las Maravillas hanno costituito una scelta perfetta: una favola, piena di ironia ma anche d’una verità piuttosto amara, capace di graffiare e insieme far sorridere. Chanfalla è un ciarlatano che va per il mondo dei potenti e della buona società mostrando un retablo nel quale si possono vedere cose straordinarie… solo se si fa parte del “lato buono dell’umanità”, ovvero, nella Spagna del XVII secolo, se non si è ebrei convertiti o figli illegittimi. Ma ogni epoca ha il suo “lato buono” e i suoi esclusi, come ben sappiamo. E se qualcuno dice che nel retablo non si vede nulla, “il n’est pas come nous!”, è da escludere e da allontanare. Questo è il finale della favola di Cervantes. Ho fatto scelte molto ristrette per rendere sintetico e forte il testo e per avere la possibilità di mettere sullo stesso piano d’importanza il testo parlato e cantato e la parte strumentale. Inoltre ho voluto sottolineare il carattere teatrale del brano mediante una divisione formale non prevista da Cervantes: il mio lavoro è suddiviso in Prologo, tre Scene, Epilogo, intercalati da quattro Intermezzi strumentali. Ogni zona utilizza in modo differente la strumentazione, perché quando si hanno a disposizione soltanto quattro strumentisti per un brano di 50’ è necessario creare molte “fisionomie timbriche” differenti per meglio caratterizzare ogni situazione testuale, scenica e musicale.

Rappresentazione: Sermoneta, Scuderie del Castello, 01 07 2018
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